martedì 23 agosto 2016

Così finì l'estate

L'estate finì dentro le linee della mano. Una fitta rete di ragnatele del tempo stese come panni ad asciugare.
Matteo non lo vedeva da 30 anni almeno. Di lui ricordava la voce e le T maiuscoscole sul foglio bianco, con una specie di riccio in alto. Leggero come una carezza.
La stazione dei treni raccolse l'abbraccio e lo stupore. Una littorina sonnacchiosa gracchiò in lontananza.
Poi fu lo scorrere dell'asfalto a srotolare i ricordi. E le canzoni che arrivavano all'improvviso come per magia, a riportare dentro un tempo di zucchero filato. O almeno Anna lo ricordava cosi. Lieve, come le nuvole che attraversavano il cielo senza lacrimare.
Fu un'estate lunghissima, anche se finì davvero in fretta. Senza il tempo di capirlo che stava arrivando l'autunno e le gite in auto, a scoprire angoli di mondo, erano finite.
Matteo girò la chiave, l'auto tossi appena,  poi lentamente si avviò verso il viale alberato, facendo volare via una manciata di foglie quasi gialle.
Le venne in mente "Eva Luna" [...] Tu pensi per parole, per te il linguaggio è un filo inesauribile che tessi come se la vita si facesse narrandola. Io penso per immagini congelate in una foto. Ma non impressa su una lastra, piuttosto come disegnata a penna, è un ricordo minuzioso e perfetto, dai volumi morbidi e dai colori caldi, rinascimentale, come un’intenzione colta su una carta porosa o su una tela. E’ un momento profetico, è tutta la nostra esistenza, tutto il vissuto e il da vivere, tutti i tempo simultanei, senza inizio né fine. Da una certa distanza guardo quel disegno, in cui ci sono anch’io. Sono spettatore e protagonista.[...].  
Seppe che lo avrebbe sempre ricordato in piedi, in movimento, con le braccia conserte, a chiudere dentro una bolla il suo mondo, mentre con le parole dipanava l'intreccio richiudendolo su se stesso.
L'estate finì dentro le linee della mano. Una fitta rete di ragnatele del tempo stese come panni ad asciugare.
Anna aprì il libro e cominciò a scorrere le parole. Perchè le ragnatele non smettono mai d'intrecciarsi.

PuntoG
 

mercoledì 1 giugno 2016

L'infelicità è single

L'ho rivisto ieri.
Con la giacca extra large che gli ballonzolava addosso sembrava il servo muto della camera da letto.
Presentazione ufficiale di Sofia.
Stava in braccio a questo vecchio papà invecchiato, tenuta d'occhio dal broncio della madre. Che pena.
Come dice la mia amica Mallarmeana (che tra l'altro dovete proprio andare a leggere, la trovate qui) forse bisogna vivere "senza bisogno di essere necessariamente felici o infelici.".
In fondo è vero.
Vivere godendo o soffrendo, a seconda i casi, a secondo del momento.
Bontà loro, manifestano palesemento il vestito dell'infelicità che li avvolge, mentre Sofiai dispensa sorrisi a piene gengive.
Credo che l'infelicità sia una di quelle cose da non condividere.
L'infelicità è single. E' un divano buono per tutte le ore della giornata e per tutti i giorni della settimana. Sono i piatti da lavare dentro l'acquaio, gli avanzi ammuffiti dentro il frigo.
Tuffarsi a condividere la vita può concedere al massimo un "vuoto d'allegriga", come diceva S.
Ho gli occhi spigolosi.
Odiatemi o amatemi.
A scelta.
Ballo da sola, non importa.

PuntoG


sabato 19 marzo 2016

Inshalla,a volte

Ci sono cose che capitano. Capitano e basta.
Ci sono altre cose che capitano come se la vita dovesse risarcirti di qualcosa.
Un copione quasi uguale. Su pagine nuove di cartiera. Senza sgualciture, stirate e inamidate.
Pagine così perfette che uno magari ci mette un punto di domanda alla fine di un pensiero ricorrente del tipo "E adesso".
C'è una ciclicità strata, un rewind che riporta la canzone all'inizio. Tu ci sei, la musica anche. Il cantante è uno nuovo, mai sentito prima. Non più bravo, non peggiore, solo diverso.
Come nel palazzo qui davanti.
Ogni sera la stessa successione di accendersi e spegnersi di luci. Ogni sera  una recita diversa, un copione inedito.
Prima o poi smetterò di scrivere, sicuro.
Non prima di aver dipanato un pò di cose.
Stasera volute grigie e pastis.
Inshalla!!!

PuntoG

A L.e U., così lontani, così vicini.

giovedì 10 marzo 2016

Domani nella battaglia pensa a me

Ulisse tornò ad Itaca solo per ritrovare Argo.
Penelope è il buon partito, la madre dei figli. Ha le ali di Icaro, può volare restando. Perde tempo tessendo e sfilando la tela per avere la compagnia dei Proci, non  nella speranza del ritorno del suo sposo come ci hanno fatto credere.
Polifemo e le sirene il desiderio di Ulisse di non tornare. tanto che s'immagina persino i lotofagi.
Argo lo aspetta, pidocchioso e affamato. Beffa del  destino fa si che muoia  dopo il ritorno di Ulisse. Ritorno inutile insomma. Però è l'unico che riesce a vedere oltre le apparenze.
Gli eroi sono strani. Compiono gesta di un coraggio estremo e poi s'inciampano davanti al proprio sentire, davanti a realtà immaginate, incapaci di raccontarsi le proprie verità.
Gli eroi non esistono neppure nei poemi epici.
Non me ne voglia Omero se ho colto l'inganno della narrazione.



"Domani nella battaglia pensa a me e cada la tua spada senza filo. Domani nella battaglia pensa a me, quando io ero mortale, e lascia cadere la tua lancia rugginosa. Che io pesi domani sulla tua anima, che io sia piombo dentro il tuo petto e finiscano i tuoi giorni in sanguinosa battaglia.
Domani nella battaglia pensa a me, dispera e muori."
 

Shakespeare, Riccardo III  

PuntoG