Le parole sono un gioco di quelli che non si finisce mai. Di giocare e di stupirsi.
Prendi per esempio "inottobottoni", che è il titolo di una mostra. Se lo metti davanti allo specchio, succede che fa una capriola, si capovolge e...ridiventa "inottobottoni". Quasi una magia dell'ottica. Ma è un palindromo. Se invece hai parole come Martina (nome proprio di persona, femminile) e dipende (forse, potrei ma non so), basta un colpo di bacchetta ed ecco che diventano mattina (buongiorno) e difende (dall'attacco). Pensa invece a parole come botto (capodanno) e magia (favola), un tocco di gomma e via con otto (buon voto a scuola) e maga (Magò).
Le parole sono davvero un gioco, strano se ci pensi bene. Alle volte non serve usare la bacchetta magica o la gomma, ma solo il timbro della voce e diventano tutta un'altra cosa. Ma questo è un gioco crudele, che non diverte nessuno. Di sicuro non chi ascolta
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