domenica 29 gennaio 2012

Ha danzato nel vento degli zini #3

Il vento ha soffiato tutta la notte dando vita alle parole degli zini. Gli uomini sono stati ad ascoltare. "Dio ha creato paesi ricchi di acqua perché gli uomini ci vivano, i deserti perché vi trovino la propria anima" hanno sussurrato all’alba, prima delle quiete. Per gli uomini blu, e per i viaggiatori dagli occhi fissi nel vuoto. Anche lei ha compreso i suoni dell'alba. Il vento, nel deserto, genera tempeste di sabbia. Gli uomini la scrollano dai loro veli mentre le donne preparano il tè e la luce ha vinto la sua battaglia. La giornata ricomincia. I silenzi qui non fanno rumore e nessuno s’imbarazza per questo. I gesti sono lenti e misurati, compiuti per ciò che servono. Persino le preghiere sono mute. Le parole sono preziose come l’acqua. Gli uomini del deserto riescono a lavarsi con un solo bicchiere d’acqua e a raccontare la loro vita nel tempo di un sorso di tè. Il silenzio del deserto può essere come la bevanda calda che scandisce il tempo: amaro, dolce o soave.O afono, per chi cerca la propria anima. Ha dormito poco durante la notte, come tutti. “Ho fatto un sogno” dice mentre sono tutti seduti. “Ho sognato di danzare” Guarda il sole e le dune. L’uomo accanto a lei sembra seguire i pensieri tra le dune lontane, in silenzio. Le dà le spalle mentre parla. “Guardati intorno, donna” le dice “Ci vuole coraggio. Gli dei ci mettono tra le dune di questo deserto. Poi tocca a noi decidere cosa fare. Aspettare il passaggio di un’improbabile carovana, mentre l’acqua diventa fondo di bottiglia. Oppure sfidare questo niente che vedi, per cercare un’oasi. Col rischio di perdersi, forse, in questo posto sempre uguale a se stesso e sempre diverso.” Ci sono viaggi che sembrano sogni pensava, mentre con la mano si toglieva la sabbia dal volto. Non aveva messo il mascara.


PuntoG

venerdì 27 gennaio 2012

Non c'è giustizia senza il ricordo

[...]Sono doppiamente orfana, di mio padre e di quel numero mostruoso che non appartiene al mondo degli umani, dilaga oltre la storia, ne ha varcato i confini, che è inutile cercare di delimitare entro nomi, date, luoghi. Che rende anonima anche me […] A tratti si accendono nella mia memoria sprazzi momentanei che non sembrano riferirsi a nulla che io abbia davvero vissuto. Risalgono, mi dico, alle mie vite precedenti[...]

[...]C’è infatti una perfidia nella ripetizione, perfidia che, tal quale l’enormità delle cifre, contribuisce a rendere astratti gli avvenimenti, a farne oggetti di confronti e dissertazioni, a dargli al più carattere di insegnamento, a togliergli carne e sangue e urla e sangue e rantoli e sangue. Una volta accolti nella nostra mente, passato il primo urto di sconcerto e di orrore, acquisiscono una sembianza direi consolatoria [...] Tra l’evento e noi che leggiamo, ascoltiamo, guardiamo, si aggirano i sopravvissuti, costretti a tener viva l’esperienza […] E narrano e rammentano e si augurano, e noi con loro, che lo strazio del ricordare sia utile e necessario, ma narrano rivolti agli innumerevoli che dovettero soccombere, non a noi che ascoltiamo e guardiamo. Il loro rimemorare, esile, interrotto, ripetuto, richiama con pena, a stento, gli innumerevoli dalla fossa dell’anonimato.[...]



Marina Jarre, Ritorno in Lettonia

mercoledì 25 gennaio 2012

Ha danzato nel vento degli zini #2


La notte scorre lenta e senza fretta.  Il tempo può essere un giocoliere che impnotizza. Come i lembi dei veli degli uomini blu che seguono il ritmo della musica. Il cielo è una coperta e lei ha smesso di pensare. La danza l'ha trasformata in viaggiatrice. Il divano di pelle color tabacco, la raccolta di musica, i quadri, le serate con gli amici in giardino e le candele accese, la torta nel forno e il riso del cane. Tutto svanito sotto i raggi del sole che intorpidiscono la memoria. Non ha più senso pensare a un ritorno a casa. Il brusio delle donne rotola sulla sabbia sottile inseguendo le dune. Ogni tanto qualcuna ride con un'eplosione improvvisa. Rotola anche la risata, più veloce del brusio e raggiunge la duna più lontana. Il te passa da un bicchiere all'altro numerose volte, il braccio sale al cielo come una preghiera, come a trovare il vuoto. La schiuma riflette il blu. Si siede accanto alle donne abbracciando il bicchiere caldo che le candele trasformano in caleidoscopio. Nel deserto si beve tre volte: amaro come la morte, dolce come la vita, soave come l'amore. Il deserto è pieno di sogni e di tempo. Il tempo è un leone da addomesticare per non farsi sbranare. E' un orologio da mettere in bocca a un dromedario mentre ondeggia nel deserto e poi lo sputa sulla sabbia. Il tempo è solo alba a tramonto. E' oggi, ora. Niete ieri nè domani. E' l'attimo del respiro. Si alza il vento e cessano le danze, i tindè, i brusii e le risate. Il vento racconta della giornata di domani, degli affanni che avrà, del divano in pelle da dimenticare, delle dune da attraversare, del sole implacabile che si cheterà solo a sera. "Ho ascoltato, zini" sussurra. "Ascoltate ora voi la mia preghiera. L'ho urlata a squarciagola contro queste montagne di sabbia che basta girarsi un attimo e sono già un'altra cosa. Dei del deserto, ascoltatela ora che arrivate col vento dentro questa notte". Sussurrò la sua preghiera, mentre la sabbia le ricopriva le labbra. Il te era quasi finito e i dromedari masticavano pigri.

PuntoG

lunedì 23 gennaio 2012

Ha danzato nel vento degli zini #1

Sorride, in quest'ora con le lancette tese come braccia in croce. Le ombre si appoggiano ai lampioni, i cani che vi passano accanto annusano storcendo il naso e fuggono via con le orecchie basse. 
Tra la dolcezza, tesa tra le orecchie come panni stesi, sguscia l'espressione un pò arrogante e spavalda di chi si muove con la consapevolezza degli anni verso l'altra metà del viaggio. Quello che c'era da aggiustare e sistemare è quasi finito. Solo qualche ritocco quà e là, cose normali. Aggiustare è il tempo dei capelli  rossi e dei capelli biondi. Tempi lontani. O almeno è così che la memoria li sente. Il colore delle ciliege e del sole sono stati la resa del chiudere gli occhi e il cuore, delle lacrime che scioglievano il rimmel, degli occhi che si spegnevano come le città nei blak out. Dormire e chiudere gli occhi è un vizio che non si può permettere, non più. Lo lascia a quelli che passeggiano nel mondo scostandosi dalle foglie ingiallite che cadono dagli alberi come farfalle. Sorride, con la spavalderia di chi ha cavalcato il deserto coi Tuaregh sul dorso di un dromedario, sotto il sole cocente, con le labbra arse dal sole e dal sale del sudore. E con gli Imajeghen, gli uomini liberi, ha danzato al ritmo dei tindè, mentre gli zini arrivavano col vento e la notte si scolorava tingendosi di rosso.

PuntoG


domenica 22 gennaio 2012

Una, un mucchio

Una,
due,
un mucchio.

Giochi di strada
e terra battuta,
un rotolio a chi arriva prima.

E' bava di lumaca
l'anima,
e si attorciglia
di colori.

Gemelle
nel mucchio,
silloge di colori
tra le dita.

mercoledì 18 gennaio 2012

Sorrisi

Il tutto
è una vita.
Restano ore,
una manciata
di sabbia
di clessidra.
Non ci sarà tempo
per fare
brandelli di lacrime.
Sorrisi,
solo quelli.

domenica 15 gennaio 2012

Domande

Non capisco cosa spinge i moscerini a prendere l'autostrada contromano.

Domande esisteziali da domenica mattina.

PuntoG

lunedì 9 gennaio 2012

La donna con la sciarpa (e Charlie)

L’ultima volta che la vidi aveva una mano in tasca
e con le dita sgranava un rosario di legno.
Recitava preghiere a quel Dio della croce, della misericordia e del dolore,
sceso in terra fino al Golgotha.
Attraverso la nebbia di una manciata di Pall Mall, guardava i treni dalla banchina.
Quell'andare e venire, lo scendere e salire dagli scalini, il fumo grigio appiccicato ai vetri.
Nessuna partenza,
solo guardare.
Guardare è un’altra cosa, non è il viaggio, la valigia,
il biglietto di andata e ritorno,
la scena diventare altro sopra il giro delle ruote sul ferro incandescente.
Guardare è proprio un'altra cosa.
Aveva una sciarpa al collo del colore delle ciliegie mature sotto il sole di quasi estate
e il colore degli occhi svaporato nel nulla.
L’ultima volta che la vidi aveva una mano in tasca
e con le dita sgranava il rosario di legno,
e recitava una preghiera.
Mentre Charlie, dentro un locale, suonava questa cosa qui.

PuntoG






L'uomo col fazzoletto (e Charlie)

L'ultima volta che lo vidi aveva una rosa in mano, e un libro.
Camminava dentro l'aria, o meglio, ci nuotava dentro,
guardandosi intorno, per orientarsi,
cercando un punto di repere che gli facesse da bussola.
Non so cosa, un albero, l'incrocio tra due vie, il colore di un palazzo, un odore,
o una pietra scheggiata della strada che inseguiva con lo sguardo. 
Aveva occhi lenti di chi il tempo l'ha perduto dentro un cassetto,
inghiottito tra mille cianfrusaglie inutili.
Forse per questo non portava l'orolgio al polso,
ma un bracciale di sottilissimi fili di seta arrotolati.
A pensarci bene è strano, per uno che il filo della sua vita l'ha perso,
credo, dentro una fabbrica abbandonata.
Nella tasca della giacca qualche spicciolo, delle briciole e un fazzoletto bianco,
un quadrato di cotone, con due righe blu ai bordi.
Un fazzoletto serve sempre, quando si nuota nei pensieri.
L'ultima volta che lo vidi aveva una rosa in mano, un libro e gli occhi liquidi.
Mentre Charlie, dentro un locale sotto la strada, suonava questa cosa qui.


PuntoG

domenica 8 gennaio 2012

Il tempo che è dietro

Scriverò poesie.
Avranno un nome,
un colore,
un odore
(odore di cosa?).
Saranno specchio,
e riflesso.
Scriverò poesie
con un nome,
in grassetto.
Scorderò i punti,
le virgole,
magari anche gli "a capo".
Scriverò poesie
nel tempo che è dietro.
Scriverò poesie
quando la conchiglia
avrà perso
il rumore del mare?

PuntoG

sabato 7 gennaio 2012

Annusare il tempo

Terra di tutto e niente.
Praterie e pianure,
aria e vuoto.

Il fuoco e una donna,
danza e fuga.

Un volo,
un ritorno,
draghi.

Magari adesso.
O poi.

PuntoG