martedì 29 novembre 2011

semplice(mente)

La notte mi accompagna, quando mi alzo mentre le ciglia fanno flap flap e mi preparo il mio solito caffè lungo in tazza grande. Ogni mattina un colore diverso, a seconda dell'umore. La tazza ovviamente, non il caffè. Lo bevo annaspando, mentre nella testa riecheggia ancora il suono delle tre sveglie. Tutte in fila per la stanza e sfasate, nella distanza dal letto e nella "disincronizzazione" una dall'altra.
Rientro adesso, impegni lavorativi, in un certo senso. E la notte ancora mi accompagna. Come i vortici gialli che in un modo o nell'altro spuntano qua e là quasi a volermi indicare qualcosa. Cosa c'è in quei vortici di così misterioso, Vincent? Cosa devo cercare o trovare?
"Il dolore è una vela così incredibilmente lieve che nemmeno lo senti, comincia con la cadenza dolce della neve, ed è lì che ti perdi" canta Vecchioni.  Sembra davvero semplice capire cos'è e dov'è il dolore. E' in un punto dell'anima, proprio lì, nè più in alto nè più in basso, da non impedire all'aria di passare, da non impedire di respirare, da non permettere di soffocare. Anche se a volte sembra che manchi davvero, l'aria. Ma è solo l'idea di, nient'altro. I polmoni continuano a pompare aria, il sangue defluisce, i pensieri s'incagliano, le giornate volgono al termine, come sempre, come ovunque, come qui, come ora.
Magari uno pensa che il lasciare fuori dalla propria bolla di vetro, provando a sigillare ogni fessura col silicone lattescente, serva, almeno,  a non farsi e fare sentire quella vela così incredibilmente lieve.
E invece, proprio quello stare davanti al vetro, "solo" a guardare, accartoccia la pelle, stropiccia i sorrisi e toglie il sole dai vortici di Vincent.
Già Giù, i vortici.......

PuntoG





domenica 27 novembre 2011

vestita di pavocolombo

Chiedere scusa non è il viatico per il paradiso, nè il valium per notti serene.
E' il giusto dell'età con gli occhiali colorati davanti a un libro.
E' l'avere torto quando le parole hanno fatto la corsa ad ostacoli sui neuroni ed hanno vinto la gara.
E' il giusto e basta.
Deve andare in automatico, come mettersi il deodorante dopo la doccia,  la freccia a destra per svoltare a destra, il rimmel dopo il caffè, tirare l'acqua dopo aver fatto pipì.
Sorrido davanti un "ohhh" di stupore e mi raggrinzo dell'incapacità di credere che uno possa farlo.
Magari bisognerebbe indossare un vestito di piume di pavocolombo, fare  acrobazie sui fili tessuti dalla cicala ragnifera e preparare una torta coi semi di ananas e la farina di merendilla da cuocere nel forno a legna con matite colorate.
Magari bisognerebbe, per riuscire a saltare, con un hooop circense, da quel fastidioso casellario.

Chiedo scusa (arrossendo), qualcuno ha per caso visto la mia bacchetta magica?

venerdì 25 novembre 2011

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Non so se ho smesso di essere felice o di essere triste.
In ogni caso, qualcosa ho smesso.

PuntoG

domenica 20 novembre 2011

a forza di essere sfera

Dentro la stanza bianca c'è un grande prato verde su cui sedersi, lo sguardo di Corto Maltese con le braccia lungo i fianchi come in attesa. E di fronte, una finestra finta in cui dentro puoi trovarci il mondo, ma anche un racconto. Il suo racconto.  
Leggerlo col fiato corto, e non solo per i pochi segni d'interpunzione.
Uno, due, tre....Paolo, Giulia.....la voce trema e serve una mano da stringere per ingoiare le lacrime. Uno, due, tre....Paolo, Giulia....
Il prato verde, la finestra finta, una mano dentro l'altra. La spalla è un'incavo in cui rifugiarsi e trovare calore, una sorta di golfo in cui attraccare.
Le parole scorrono.
Ancora un altro numero.
No, non è ancora il momento del finale, un'altra volta, non ancora, non adesso, non ora. Poi.
Il grande prato verde è un trucco in cui annegare col fiato che va a singhiozzo e il mondo che scompare. Forse.
Il prato verde è un pozzo in cui sprofondare e dimenticare le parole, il buonsenso e il garbo di raccogliere una piccola bolla di vetro soffiato senza ridurla in frammenti e polvere. 
Il grande prato accoglie la stanchezza di ubriacature per riempire una sfera, e 50 euro o giù di li.
Mi vesto e ti accompagno.
No, non importa.
Si, certo che importa.
A volte neppure i fari dell'auto riescono a bucare il buio della notte.

PuntoG

sabato 19 novembre 2011

a forza di essere aria

Alle ore 18 ognuno tornava alla sua casa.



Non avevano una stessa casa?



No, ma nell'aria sì.



Nell'aria?



Sì, a destra e a sinistra nel mezzo dell'aria avevano una stessa casa.



Con le porte e le finestre gli alberi le cene i silenzi gli odori e il riposo.



Non i colori?



Sì, colori erano appesi nell'aria della casa.



Non i suoni?



Si, a destra e a sinistra dell'aria ma non più in mezzo.






PuntoG

venerdì 18 novembre 2011

a forza di misunderstanding

Dal bordo della piscina
e del misunderstanding
ti grido
- che bisogno avevi di raggiungere l'altro lato del sonno -
non senza provare la sciarpa fatta da me, almeno.
Mi disfo in biglie
in rumore sul pavimento
metà inverno, metà oceano
in cui affondo
col palloncino legato al polso.
E' un foglio ai bordi del calendario
e occorrono le calze e la pazienza
e gli estintori sul ballatoio
dove aspetto, in buona fede,
mentre dal bar di sotto
arriva questa musica.
Lei sarà sicuramente deliziosa
come le anatre nell'acqua a Central Park
e avrà tutti i tuoi recapiti,
vedrai, che ti telefona.

PuntoG

somewhere, sometimes

martedì 15 novembre 2011

a forza di citare Cortazar

Dovrebbero insegnarcelo a scuola cosa capita a furia di star dietro ai libri, alle parole, al mondo dentro che deve crescere a dismisura. Che le domande hanno una crescita esponenziale e si moltiplicano come i batteri. E che a furia di usare belle parole perdiamo il senso della comunicazione. Dovrebbero insegnarcelo a scuola che si rischia di allontanarsi dal centro del mondo, piuttosto che avvicinarsi. Dovrebbero insegnarcelo davvero che a furia di diventare grandi perdiamo il senso delle cose piccole ma di grande valore. Come la capacità di sognare, di giocare, di dimenticare i torti subiti quando gli occhi cadono sul budino traballante dentro il frigo che s'illumina per magia quando lo apriamo. Dovrebbero proprio spiegarcelo che non serve a nulla disquisire di filosofia, leggere libri su libri, andare a teatro, recitare poesie, se poi ci dimentichiamo di far volare gli aquiloni, se facciamo la fine dei pesci rossi dentro una boccia tonda sempre uguale a se stessa. O se non riusciamo più a comprendere che "per arrivare al Cielo servono solo un sassolino e la punta di una scarpa". E non me ne abbia Cortazar se lo cito spesso. Qui e altrove.

PuntoG

lunedì 14 novembre 2011

di farfalle e altre cose

[...]Il segreto non è prendersi cura delle farfalle,
ma prendersi cura del giardino,
affinchè le farfalle vengano a te.[...]

Mario Quintana

lunedì 7 novembre 2011

σφαῖρα

Fammi sfera. E' un bisbiglio nella notte, mentre piove e i lampioni fanno i tetti lucidi. Fammi sfera.
Serve un drago. Di quelli volanti, di quelli che fanno capolino dietro la finestra. Di quelli che puoi cavalcare e raccogliere le stelle. Ho visto una nuvola che diventava un drago. M'ingegno. Faccio come gli indiani coi segnali di fumo e costruisco nuvole, una dietro l'altra. Per far spuntare un esercito di draghi e per i fiori del sorriso. Resto in silenzio a parlare, che è un ossimoro, credo. E non è perchè non avrei nulla da dire, solo per non creare vortici d'aria. Davvero non so proprio come si chiama una sfera con la porta chiusa. Una sfera coi fiori si chiama clessidra.

PuntoG