martedì 15 novembre 2011

a forza di citare Cortazar

Dovrebbero insegnarcelo a scuola cosa capita a furia di star dietro ai libri, alle parole, al mondo dentro che deve crescere a dismisura. Che le domande hanno una crescita esponenziale e si moltiplicano come i batteri. E che a furia di usare belle parole perdiamo il senso della comunicazione. Dovrebbero insegnarcelo a scuola che si rischia di allontanarsi dal centro del mondo, piuttosto che avvicinarsi. Dovrebbero insegnarcelo davvero che a furia di diventare grandi perdiamo il senso delle cose piccole ma di grande valore. Come la capacità di sognare, di giocare, di dimenticare i torti subiti quando gli occhi cadono sul budino traballante dentro il frigo che s'illumina per magia quando lo apriamo. Dovrebbero proprio spiegarcelo che non serve a nulla disquisire di filosofia, leggere libri su libri, andare a teatro, recitare poesie, se poi ci dimentichiamo di far volare gli aquiloni, se facciamo la fine dei pesci rossi dentro una boccia tonda sempre uguale a se stessa. O se non riusciamo più a comprendere che "per arrivare al Cielo servono solo un sassolino e la punta di una scarpa". E non me ne abbia Cortazar se lo cito spesso. Qui e altrove.

PuntoG

2 commenti:

  1. Per un verso i libri, come i film, avvicinano alla realtà, sebbene semplificata, e possono aiutare a comprenderla. Per un altro favoriscono l'astrazione, il distacco, allontanano dall'esperienza diretta - quella dalla quale si impara veramente. Magari sappiamo tutto sulla tecnica di costruzione degli aquiloni, sull'aerodinamica e i principi fisici del volo, ma poi non sappiamo farli volare (bella metafora).
    D'altra parte il calabrone, secondo tutte le teorie della fisica, non potrebbe volare; invece lui non lo sa, e vola ugualmente.

    Ciao G., buona giornata.
    Pim

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  2. Ecco, ecco era quello che intendevo e volevo dire. Ti confesso che la storia del calabrone mi affascina sempre. Vorrei essere un calabrone, oggi.

    Buon sole :)

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