mercoledì 30 maggio 2012

Parafrasando Shéhérazade #2

”Raccontami una storia,” ti dico.
“Che storia vuoi?”
“Raccontami una storia che non hai mai raccontato a nessuno.”

Si sedette sul tappeto bianco rannichiata accanto alla poltrona. Sotto di lei, un cerchio unito da una linea diagonale, segnava la vittoria di un tris. C'era una musica, delle candele accese, odore di miele di montagna e cannella.
”Raccontami una storia,” disse.
“Che storia vuoi?”
“Raccontami una storia che non hai mai raccontato a nessuno.”
Chiuse gli occhi e le fiammelle disegnarono figure strane attraversando il velo delle palpebre.

C'è un albero di limoni in un orto, accanto al banano con le foglie cadenti. D'estate è frescura sotto la sua chioma fitta e i frutti sono grossi come cedri. D'estate c'è rumore sotto le fronde, non solo di grilli. Le bambine svolazzano i fiori dei vestiti e giocano a far le fate. Basta un cono di carta a creare incantesimi. La merenda è un limone tagliato a fette da qualcuno dei grandi. Le dita sprofondano nel barattolo del sale. Smorfie ridenti fanno eco all'affondo dei denti nella polpa, si mischia al sale e all'odore di salsedine che arriva dal mare. Il vespro spegne le voci. L'orto non ha lampade e si torna a casa. Il passato odora di zagara.


Aprì gli occhi e spense le candele.
Qualcuno pianse.

PuntoG

2 commenti:

  1. Se ti riferisci al piangere, si è necessario. M anche una delle cose più difficili. Quasi come essere "finalmente" felici.

    Grazie

    PuntoG

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