venerdì 27 gennaio 2012

Non c'è giustizia senza il ricordo

[...]Sono doppiamente orfana, di mio padre e di quel numero mostruoso che non appartiene al mondo degli umani, dilaga oltre la storia, ne ha varcato i confini, che è inutile cercare di delimitare entro nomi, date, luoghi. Che rende anonima anche me […] A tratti si accendono nella mia memoria sprazzi momentanei che non sembrano riferirsi a nulla che io abbia davvero vissuto. Risalgono, mi dico, alle mie vite precedenti[...]

[...]C’è infatti una perfidia nella ripetizione, perfidia che, tal quale l’enormità delle cifre, contribuisce a rendere astratti gli avvenimenti, a farne oggetti di confronti e dissertazioni, a dargli al più carattere di insegnamento, a togliergli carne e sangue e urla e sangue e rantoli e sangue. Una volta accolti nella nostra mente, passato il primo urto di sconcerto e di orrore, acquisiscono una sembianza direi consolatoria [...] Tra l’evento e noi che leggiamo, ascoltiamo, guardiamo, si aggirano i sopravvissuti, costretti a tener viva l’esperienza […] E narrano e rammentano e si augurano, e noi con loro, che lo strazio del ricordare sia utile e necessario, ma narrano rivolti agli innumerevoli che dovettero soccombere, non a noi che ascoltiamo e guardiamo. Il loro rimemorare, esile, interrotto, ripetuto, richiama con pena, a stento, gli innumerevoli dalla fossa dell’anonimato.[...]



Marina Jarre, Ritorno in Lettonia

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