martedì 21 febbraio 2012

I magnifici post-40 anni

La musica rimbalza dentro la stanza e fa strani giri dentro il caotico ordine della memoria e dell’oggi. Si alternano Vecchioni con “Leonard Cohen” e “Suzanne” di Leonard Cohen. Strana casualità e magico connubio. Scoprire che poi tanto strano non è da un’intervista di Vecchioni che presenta “Miledy”.

[...] nel disco ci sono canzoni d’amore scritte pensando a qualcun’ altro. In particolare una, Leonard Cohen. Parla di Venezia e di un albergo di quando mi ami, Ho imparato che il tempo è bellezza, ho imparato anche a fare l’ amore… Una canzone d’ amore matura e bellissima. Ancora una volta questione di età? L’ho chiamata Leonard Cohen perché una canzone così avrebbe potuto scriverla lui; aveva anche un sottotitolo che poi è saltato, Daria on my mind, che già rimanda ad atmosfere del passato. Dopo i 40 anni accadono strane cose: o inizi a correre dietro alle ragazzine o scopri l’ amore, quello vero, che è confidenza; piano piano capisci qual è il senso dello stare insieme nella vita, che l’amore non è solo possesso, anzi non lo è affatto, che una donna non dipende da te, che è una cosa diversa, che è altro…. Dopo i 40 anni accade anche di essere stanchi di una città, del caos, dello smog [...].
Un’immagine del post 40 anni che poco, forse, circola tra le strade. Perchè è come se a quest’età sia necessario ammalarsi di “peterpanismo”, pressappochismo, o di tristezza e malinconia. Come se non si potesse invece raccogliere quasi mezzo secolo di vita, di consapevolezza di se ed usarlo per essere finalmente e veramente dentro la vita. Con una leggerezza in più. Con leggerezza.

Come dire, cosa ne facciamo di questa seconda metà della vita? Che come dice Mafalda “Se la vita comincia a 40 anni, cosa ci mandano a fare prima?”

Insomma, citazioni e spunti di riflessione. Vediamo di venirne a capo. Partiamo da un concetto fondamentale che è quello di avere come soggetti della discussione bolle-cervello con l’intelligenza degli elettricisti e non bocce vuote. Insomma 40 anni e passa pieni e fitti di percorsi, interiori ed esteriori. Un cercare il bandolo della matassa di quest’ingarbugliato nostro essere fitta rete neuronale, ormoni, molecole, cellule, cuore e anima. Un dedalo senza alcuna indicazione, una navigazione a (s)vista, uno srotolarsi di tentativi dietro tentativi, dolori, gioie, successi, insuccessi. Mani insanguinate dalla fatica di scavare dentro una sabbia che riprecipita inesorabilmente appena uno si distrae un momento e tocca ricominciare. Inutile cercare dentro alle tasche un foglietto d’istruzione, non ci è dato averlo, il modello uomo viene venduto senza. E’ incredibile pensare che addirittura bisogna imparare a deglutire il cibo e a far pipì, ma tant’è. Credo che succeda all’improvviso, di svegliarsi una mattina ed esserci dentro, come le mappe dentro la metro che sopra il puntino rosso c’è scritto “voi siete qui”. Laddove la fatica è sicuramente ciclopica è nella zona dei sentimenti e ancor di più in quella dell’amore che è la zona più difficile da districare, dipanare e comprendere. A raccontarlo a parole dura fatica, il viverlo è ben più. Servono almeno 4 decenni per districare tutto questo.La fatica è dovuta principalmente alla difficoltà di riuscire a mediare i nostri bisogni amplificato ancor più, se possibile, dal fatto che nelle relazioni, oggi più che mai, c’è una nuova componente che è quella del proprio sentire, sconosciuta fino a una manciata di anni fa. Una relazione priva di comunicazione e di coinvolgimento emotivo, basata su convenzioni esterne e non coinvolgenti (ad esempio il matrimonio finalizzato alla riproduzione, mantenimento di proprietà terriere con la discendenza e cose del genere), non implica grossi inciampi, solo ruoli prestabiliti da seguire come in un copione. Laddove invece il ruolo centrale sono i sentimenti e la comunicazione, il copione lo si scrive day by day, a 4 mani. Solo che il percorso delle singole persone spesso non è sincrono. O spesso si perde perchè da coppia ci si sposta a genitori, e finisce che quando i figli iniziano ad essere un pò autonomi, si scopre che la coppia è ormai disintegrata, si è solo genitori, tutto qui.  (Tristemente) è solo verso i 50 anni  che “capisci qual è il senso dello stare insieme nella vita”, che comprendi davvero quali sono le cose che contano, come basta poco per essere davvero felici, come la comunicazione tra i sessi non è poi così impossibile perchè fatta di pochi e semplici codici, il senso vero di fare l'amore, l'amore vero (ndr "ti amo perchè ho cura di te" e non "ho cura di te perchè ti amo" , ma questo è un altro post). Ma è proprio per questo che (felicemente) è possibile tutto il meglio, davvero. Basta "solo" volerlo.
 
PuntoG 
 
 
 

4 commenti:

  1. Leggendo mi è sembrato di essere inginocchiata accanto a te, su quella sabbia, a scavare la mia parte e a soffiarci a vicenda sulle nocche insaguinate. :-)

    Prish

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    1. Ecco perchè il dolore era meno dolore. Io ho soffiato quanto ho potuto sulle tue nocche :)
      Mi hai commosso Prishilla. Grazie

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  2. Condivido tutte le tue parole, immagino confidate sottovoce dentro qualche verde milonga... A quarant'anni-o-poco-più capitalizziamo due importanti qualità: siamo ancora giovani, pieni di energie e possibilità, e al contempo abbiamo maturato una buona esperienza da mettere a frutto. Mica male, direi.

    Ciao coetanea. :-)
    P.

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    1. Ora bisogna lavorare sulla saggezza!!!!
      E sui balli da ballare nelle verdi milonghe, altrimenti che figure ci facciamo??!!

      coetaneo ciao :)

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