Guardare la luce che scolora è un'altro giro di lancette, è sabbia scivolata dentro il vetro; è spazio tra le immagini che diventano più nitide, con una messa a fuoco direi quasi perfetta, come se lo spazio d'aria tra passato e presente avesse una proporzionalità diretta col tempo trascorso. E' pace dentro quelle immagini di un quasi cortometraggio. Gli uno fanno pace con gli zeri della sequenza binaria che crea forme digitali: on o off. Ci sono ricordi che spariscono, altri si rafforzano nel tempo come quadri appesi con un'impronta dietro, sul muro bianco. Questi ultimi sono nutriti da amorevoli care tanto da farli crescere sani e forti, meglio che con i biscotti Plasmon. Sono come i puzzle: li puoi montare e rismontare ancora e ancora ma l'immagine non cambia, rimane bella come la prima volta quando le note di un jazz rotolavano dalla tromba insieme alle gocce di sudore che imperlavano la sua biglia calva e nelle pause si lisciava la barba e stringeva gli occhi da miope per metterti a fuoco. Il jazz è una musica immmortale, vedrai che prima o poi lo sentirai suonare dentro un mazzo di rose.
PuntoG
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lunedì 5 maggio 2014
lunedì 2 aprile 2012
Di unicorni e sassofoni
"[...]Dove credete che siano andati gli unicorni, gli ippogrifi dagli occhi dolci e
mansueti, le sirene gentili e aggraziate? In nessun posto sono sempre qui. E’
solo che non li vediamo. La luce non si accontenta più di schizzar via dai loro
corpi leggiadri, come schizza l’acqua dai tetti nei giorni di pioggia. Li
penetra invece, quei corpi, come l’acqua penetra la terra smossa, e vi si
nasconde quieta e felice. La luce li ama e li tiene per sé.
E l’odore, allora? Quel loro odore di muschio e di erba bagnata, di sole e di spiagge lontane, di petali corteggiati da api chiacchierine? [...] Quell’ odore non vuol più saperne di lasciarli, di mischiarsi ai lezzi immondi che ammorbano il pianeta. Ha paura del contagio, paura di perdere la propria leggerezza, il proprio candore, e così gli rimane attaccato, non vaga per l’aria infetta, non arriva fino a noi.Certo potremmo ancora imbatterci in loro, accarezzarne le forme armoniose, avvolgerli in un abbraccio. O potremmo ascoltare i canti che innalzano nelle notti di luna, quando è abbastanza chiaro per sognare e non abbastanza per vedere. Ma di notte guardiamo la televisione e di giorno i nostri passi ci allontanano sempre di più dai sentieri impervi delle loro scorribande.
Camminiamo tutti insieme per le stesse strade, facendo un gran rumore. E il rumore, si sa, impedisce di far attenzione. Il rumore acceca.
Così non credete alle storie che vi raccontano: non esiste una terra remota, inaccessibile, fuori dal mondo, la terra degli unicorni. Gli unicorni sono tra noi, non ci hanno mai lasciato, e se avrete cura di cercarli fuori dalle strade battute, se tenderete l’orecchio nelle notti di luna, se avrete il coraggio di aspettare, di fargli la posta con pazienza e dedizione, un giorno forse potrete incontrarli e accarezzare e abbracciare le loro forme armoniose. Allora, chissà, l’odore di muschio e di erba bagnata non avrà più paura del vostro contagio e la luce acconsentirà a rimbalzare un pochino e dividere il suo amore con voi."
“La filosofia in trentadue favole”, Ermanno Bencivenga
E l’odore, allora? Quel loro odore di muschio e di erba bagnata, di sole e di spiagge lontane, di petali corteggiati da api chiacchierine? [...] Quell’ odore non vuol più saperne di lasciarli, di mischiarsi ai lezzi immondi che ammorbano il pianeta. Ha paura del contagio, paura di perdere la propria leggerezza, il proprio candore, e così gli rimane attaccato, non vaga per l’aria infetta, non arriva fino a noi.Certo potremmo ancora imbatterci in loro, accarezzarne le forme armoniose, avvolgerli in un abbraccio. O potremmo ascoltare i canti che innalzano nelle notti di luna, quando è abbastanza chiaro per sognare e non abbastanza per vedere. Ma di notte guardiamo la televisione e di giorno i nostri passi ci allontanano sempre di più dai sentieri impervi delle loro scorribande.
Camminiamo tutti insieme per le stesse strade, facendo un gran rumore. E il rumore, si sa, impedisce di far attenzione. Il rumore acceca.
Così non credete alle storie che vi raccontano: non esiste una terra remota, inaccessibile, fuori dal mondo, la terra degli unicorni. Gli unicorni sono tra noi, non ci hanno mai lasciato, e se avrete cura di cercarli fuori dalle strade battute, se tenderete l’orecchio nelle notti di luna, se avrete il coraggio di aspettare, di fargli la posta con pazienza e dedizione, un giorno forse potrete incontrarli e accarezzare e abbracciare le loro forme armoniose. Allora, chissà, l’odore di muschio e di erba bagnata non avrà più paura del vostro contagio e la luce acconsentirà a rimbalzare un pochino e dividere il suo amore con voi."
“La filosofia in trentadue favole”, Ermanno Bencivenga
O forse, sono finiti dentro questo sassofono qui.
PuntoG
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