Nuvole di lavanda,
passi sulle punte
e una danza.
Salgo sull altalena,
i piedi
ondeggiano l'erba.
Faccio un salto,
respiro.
Indosso il cappello
e mi giro.
Disegna una margherita,
sulla mia mano.
PuntoG
Nuvole di lavanda,
passi sulle punte
e una danza.
Salgo sull altalena,
i piedi
ondeggiano l'erba.
Faccio un salto,
respiro.
Indosso il cappello
e mi giro.
Disegna una margherita,
sulla mia mano.
PuntoG
«La pazienza è il primo atto d'amore.
Ricoprire di attenzioni qualcuno che non ci appartiene è il secondo atto d'amore.
Il quarto atto d'amore è il silenzio.
Il quinto atto d'amore è la fiducia.»
PuntoG
Scivola e riempie
solchi di pianto
e ragnatele di sorrisi.
l' acqua straborda
dai pori,
diventa goccia:
una, tante.
Il fiume fa ragnatele
sul tuo volto
e s'infila
nei solchi del tempo.
L'occhio
cade sull'indice.
L'unghia una distesa,
di fiori bianchi.
Sorridi e ti guardo.
«Ma tu, quanti anni hai?»
PuntoG
Piovve a dirotto quando uscimmo dal bar in cui avevamo bevuto un caffè. L'aria si fece fredda all'improvviso, ci infilammo dentro un portone per evitare gli spruzzi d'acqua che arrivavano sulla mia camicia di lino bianco. Avevo una collana azzurra, questo me lo ricordo: dei tuoi vestiti non ho memoria. So che ad un certo punto spiovve.
«Una pizza?»
«Una pizza.» rispondesti.
Mi piaceva trascinarti sulla pista da ballo e insegnati i passi che neppure io conoscevo. Tu sorridevi, sorridevi sempre. Me ne accorgo solo adesso che a pensarci quei denti bianchi mi sembrano pronti per una fotografia da copertina. Solo che quelli non erano fogli di giornale ma la mia vita dentro cui t`infilavi come in un golf trovato sul letto.
Allora mi piaceva il tuo sorriso poggiato sul cuscino accanto al mio, vicino ai panni stesi, tra le candele accese per la cena.
Sorridevi mentre volavamo dentro alle nuvole di "zucchero filato che se le mangi ti addolciscono il cuore". Tu sorridevi e pioveva: dentro l'aereo, nella camera d'albergo, nella rambla. Piovve per tutto il viaggio, come la prima volta che c'incontrammo: anche sull auto mentre dall aeroporto tornavamo a casa. Non serviva al ombrello a ripararci. Credo che sprofondai il mio bagaglio dentro l auto, dissi un «vado», tu rispondesti «ciao» e mi ritrovai a guidare nella notte, verso casa. Non so so sia andata davvero così: il senso è questo.
Ritornare è stato infilare la testa dentro le valigie da disfare, come tutto il resto: pioggia e sorrisi.
Non è rimasto nulla, neppure un briciolo di nostalgia.
PuntoG
ndr fuggire dai sorrisi cartolina